Lo stalking (dal verbo inglese “to stalk” che indica l’avvicinarsi e/o il camminare furtivamente verso qualcuno o qualcosa ed a tal fine utilizzato anche nel linguaggio della caccia per indicare il “fare la posta o avvicinarsi di soppiatto alla preda”) è un reato previsto dall’ art. 612 bis del codice penale che punisce chiunque, con condotte reiterate, minaccia o molesta taluno in modo tale da cagionare un perdurante e grave stato di ansia o di paura ovvero da ingenerare un fondato timore per l’incolumità propria o di un prossimo congiunto o di persona al medesimo legata da relazione affettiva ovvero da costringere lo stesso ad alterare le proprie abitudini di vita.
Il reato assicura sia una speciale prevenzione che una più grave punizione per tutti quei comportamenti c.d. “persecutori”, compiuti specialmente in ambito familiare e soprattutto nella fase pre/post separazione, che altrimenti non avrebbero avuto alcuna attenzione se non come meri atti di molestia o minaccia spesso difficilmente configurabili anche in ambito familiare e puniti con pene così lievi da non prendere atto dello specifico scopo di tutela della tranquillità personale e della serenità psicologica.
QUANDO SI CONFIGURA IL REATO?
Il reato comprende tutti quei comportamenti assillanti e/o ossessivi che inducono la vittima in uno stato di soggezione psicologica, creata dal petulante tentativo di un contatto personale e intrusivo nella vita altrui.
La condotta materiale si identifica alternativamente in quella di minaccia, quale prospettazione di un male non dovuto ed ingiustificabile, o di molestia, quale comportamento invasivo e petulante della vita altrui, realizzate mediante la reiterazione di più comportamenti idonei ad alterare in modo fastidioso ed inopportuno la tranquillità di una persona.
Assumono rilievo le condotte di minaccia e molestia reiterate, bastando al riguardo anche due soli episodi di molestia o minaccia ma pur sempre almeno due e non singoli o sporadici episodi causali.
La condotta – affinché si possa parlare di stalking – deve determinare o avere determinato la realizzazione alternativa di tre tipologie di evento:
- Cagionare un perdurante stato di ansia e di paura idoneo a destabilizzare la serenità e l’equilibrio psicologico della vittima;
- Alterare le abitudini della vita altrui ovvero indurre la vittima a mutare per un apprezzabile lasso di tempo il proprio quotidiano per fuggire dal molestatore;
- Generare nella vittima il timore per l’incolumità propria o di persone a questa legate, creando un timore che sia oggettivamente idoneo a recare turbamento alla vittima indipendentemente dall’opinione della medesima.
Per tutelare il dilagante fenomeno criminoso all’interno dei contesti familiari il legislatore ha previsto espressamente un aumento della pena qualora il fatto sia commesso da un coniuge, anche separato o divorziato, o da persona che è o è stata legata da relazione affettiva alla persona offesa ovvero se commesso con strumenti informatici o telematici o a danno di un minore.
QUALI SONO LE PROVE
Se agevole appare l’identificazione degli elementi necessari alla configurabilità del reato non del tutto facile risulta essere per le vittime delle condotte persecutorie l’individuazione della prova degli atti subiti.
Al fine di dimostrare la sussistenza del reato saranno necessari tutti quegli indizi di prova da cui sia possibile evincere non solo il comportamento dell’aggressore (foto, Sms, indicazione di persone informate sui fatti etc.) ma anche l’alterazione delle abitudini di vita e lo stato di soggezione della vittima (documenti comprovanti il cambio di abitazione, esposti, denunce, richieste di aiuto etc.).
La prova (o più propriamente la fonte di prova) potrebbe essere rappresentata anche dalla sola dichiarazione della persona offesa ed in tal caso il giudice – e prima di questi anche il questore o le autorità di pubblica sicurezza – sarà chiamato a valutarla con profonda attenzione, non essendo necessario – si ricorda – comprovare lo stato psicologico come nei reati di lesione e non essendo sufficiente un riscontro attraverso una certificazione sanitaria.
Avv. Igor Magro – specialista in diritto penale della famiglia