1 Settembre 2018

Come vivere l’amore dopo una separazione

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Chi capisce l’amore è proprio bravo.

Adoro il mito di Cupido, che girovaga con arco e frecce per il mondo e lascia tutti così, improvvisamente rapiti da un’alchimia che razionalmente non si può spiegare. E quell’individuo anonimo che fino a ieri si nascondeva tra la folla, piano piano diventa il centro di un’esistenza che prima si reggeva solo sulle nostre gambe. L’amore destabilizza perché mina le basi delle nostre certezze e ci proietta in un domani, più o meno concreto poco importa, ma che ruba il nostro tempo personale per progetti condivisi. Non è fondamentale che si realizzino, ma già immaginarci insieme a qualcuno è indice di quanto la nostra mente possa galoppare ad una velocità incontrollabile. Noi donne siamo regine di fantastici voli pindarici che a volte si coronano in sogni ad occhi aperti mentre alte diventano sonori schiaffi morali.

Se penso a me cinque anni fa, vivevo una vita perfetta e programmata. Almeno in apparenza. Ho cambiato pelle, come il serpente, e mi ritrovo ora, in questa stanza davanti al pc, senza nemmeno sapere dove sarò tra cinque giorni.

Chi mi conosce da tanto, non capisce. Chi mi conosce ora, non ha idea di cosa io abbia passato veramente.

Nascosta dietro il mio scudo di inossidabile ottimismo, ho la testa piena di innumerevoli pensieri e altrettante domande, senza riuscire ancora a trovare le risposte giuste. D’improvviso la vita si è accorta di me, facendomi respirare una profondità e un’intensità tale che non immaginavo. Non è un’eufemismo parlare di seconda vita, con ritmi diametralmente opposti alla prima, e un’ottica che non conosce stanchezza di emozioni. Nel bene e nel male.

Il mio cuore batte ancora, ad una intensità maggiore.
Non potrei alzarmi al mattino senza amore.
Per me stessa.

Per i miei figli che ho partorito con dolce sofferenza, ma che mi hanno fatto nascere come madre, mettendo nelle mie mani la loro vita, riportandomi alla realtà e dandomi quella linfa che mi ha permesso di non morire. Di dolore, di soffocamento, di fallimento, di solitudine.

Per lui, che non è più mio marito ma rimarrà sempre il padre dei miei figli e che anche se non amo più, vorrò il suo bene in ogni giorno in cui mi sveglierò e avrò la forza di aprire gli occhi.

Per l’uomo che amo ora, che potevo incontrare solo adesso, in questa seconda maturità. Che quando giro lo sguardo trovo sempre vicino a me, che conosco ma non sempre capisco, a suo modo ferito tanto quanto me, da un rapporto che poteva essere ma non è stato. A volte è difficile, con le nostre cicatrici, amarci. Ci siamo ritrovati sotto lo stesso cielo e se è vero che diventa più facile comunicare perché parliamo la stessa lingua, fatta da esperienze comuni, allo stesso modo siamo entrambi segnati da quello che è stato. Ci manca quell’approccio fresco, ingenuo e disilluso, che permette le sane pazzie amorose, illogiche e irrazionali.

Ma non viene meno la voglia di cercarlo, ogni giorno, senza dare per scontato nemmeno il più piccolo respiro e l’occasione di stare insieme. Non voglio e non posso percorrere una strada già conosciuta, scapperei a gambe levate, ma non smetto di crederci e di provarci ancora, in modo completamente nuovo e mettendomi ancora in gioco, con tutta la mia forza. Mi lascio colpire e travolgere dalla freccia di Cupido, con il mio piccolo “cuore puntato tra le stelle, che eppure vive sotto questa pelle”…

cantando… cantando… cantando… ed essendo grata di ogni attimo che questa mia seconda vita mi regala.

 

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