1 Settembre 2018

Il difficile rapporto con i cellulari: ansia da separazione

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Quando sento parlare di “ansia da separazione” istintivamente penso ai bambini che faticano a staccarsi dalla mamma, oppure a rapporti di coppia dove chi dei due è più fragile e si sente davvero in grossa difficoltà ad affrontare la propria vita contando solo su se stesso. Mi è sembrato davvero assurdo sentire invece che questa espressione ormai viene associata all’utilizzo dello smartphone e, come ho letto in un recente articolo, è un fenomeno abbastanza diffuso, ad ogni età.

Per quanto mi riguarda, c’è stato un periodo della mia vita in cui ero in simbiosi con il mio cellulare. E’ stato per qualche mese, prima di lasciare la casa coniugale, un momento in cui la mia piccola realtà vacillava sotto il peso di quel macigno che avrebbe travolto tutta la mia famiglia. Andavo nel panico più totale per problemi di campo, batteria al di sotto del venti per cento e non potevo uscire senza il mio telefono. Ricordo la preoccupazione per aver fatto un disastro con il PIN e l’ansia di non poter essere connessa in ogni momento della mia giornata. Un rapporto non sano, che mi ha offuscato completamente in un momento in cui ero molto fragile e confusa. In più, questa forma di evasione non ha avuto nessun effetto positivo trascinandomi in una dipendenza ossessiva per diverse settimane proprio in quel periodo in cui ogni occasione era perfetta per litigare e le mura domestiche sembravano sempre così strette. L’aria era davvero troppo pesante per tutti.

Le cose sono nettamente cambiate una volta cambiata casa, senza più bisogno di nascondermi in una realtà virtuale che sostituisse quella che stavo vivendo. Avevo preso le mie decisioni, stavo coerentemente portando avanti le conseguenze delle mie scelte e la mia vita, per quanto difficile e costantemente in salita, stava esattamente prendendo la piega che volevo. Il telefono ha ripreso così a diventare uno strumento come tanti, quanto la lavatrice per i panni sporchi e il forno per cucinare. Quell’ossessione è sparita, lasciando spazio alla vita vera che osservo tutt’ora con i miei occhi grandi e non attraverso uno schermo di ultima generazione.

Oggi il mio cellulare è alla portata di tutti, lo presto ai miei figli all’occorrenza e non ha nessun codice di accesso. Mi capita di uscire e di non averlo con me, soprattutto se sono insieme ai miei ragazzi e quindi non aspetto una loro telefonata oppure qualche messaggio per sapere se l’allenamento è finito ed è ora di andare a riprenderli.

Mi rendo conto, comunque, che se per me ha rappresentato una dipendenza temporanea, per mia figlia è molto più di un semplice strumento. Sembra quasi una estensione di se stessa, qualcosa che le permette di comunicare e di essere sempre connessa, un’esigenza che la nostra generazione non ha provato allo stesso modo e nella medesima età. Non solo quindi una memoria artificiale con cui archiviare emozioni e ricordi e nemmeno solo un mezzo per poter fruire dei più disparati contenuti in ogni momento della giornata. La peggiore punizione che posso infliggerle è proprio la privazione del cellulare, a volte anche rispetto alle uscite vere e proprie con le amiche di scuola. In più mi sono accorta che quando è rimasta senza telefono per una decina di giorni sembrava davvero una persona nuova, meno ansiosa e tesa, ma molto più attenta alla realtà che la circonda.

Allora perché continuo a permetterle di tenerlo?

Non credo che la privazione sia il modo corretto per gestire il cellulare. Vorrei insegnarle ad utilizzarlo nei tempi e nei modi corretti, evitando una vera e propria dipendenza tecnologica con relativa ansia da separazione. Sembrano davvero dei grandi paroloni, ma provate ad osservare i vostri figli e ditemi per quanto tempo riuscite a staccarli dalla tecnologia. Cellulari, computer o dispositivi portatili delle più disparate forme. Credo anche che i ragazzi siano nati in un’era tecnologicamente diversa dalla nostra e che assorbano le novità ad una velocità esponenzialmente maggiore. E’ vero anche che anche noi ci facciamo piacevolmente rapire da queste innovazioni, diventa difficile fare la morale. I ragazzi prima di sentire le nostre parole, vedono l’esempio quotidiano delle nostre azioni quindi risulta davvero difficile insegnare qualcosa che non mettiamo in pratica. Non dovremo però dimenticarci che i cellulari sono solo strumenti e che non devono alterare il nostro umore o le nostre priorità. Prima di preoccuparci di chi ci scrive o telefona a troppi chilometri di distanza dobbiamo occuparci di chi vive sotto il nostro stesso tetto, giorno dopo giorno.

 

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