1 Settembre 2018

Lettera di una padre al proprio figlio.

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Oggi è la festa dei padri, e anche io da quest’anno mi trovo a rimpolpare questa schiera di uomini alla deriva, orfani di un ruolo millenario da loro stessi infangato e di cui la storia sta cercando di sbarazzarsi. Ma non tutti i padri sono uguali e io in questo piccolo testo voglio ricordare solo coloro di cui sarei stato il figlio orgoglioso.

Avrei voluto essere il figlio di Ettore di Troia, che alzò suo figlio al sole prima di andare a farsi massacrare dal furioso Achille. Vorrei essere il figlio di tutti coloro che rispettano le loro compagne e con esse si dividono compiti e responsabilità in maniera equa, confrontandocisi da pari e non da padroni. Vorrei essere il figlio di tutti quei padri che ancora si ostinano a leggere libri ai propri figli, invece di piazzarli davanti ad uno schermo alla prima occasione. Vorrei avere il coraggio di un padre centroamericano che parte con tutta la famiglia verso l’eldorado a stelle e strisce, scappando dalla miseria e dalla violenza che altri padri come lui hanno generato. O di quei padri che attraversano mari e deserti, rischiando la loro vita e prendendo sputi in faccia dalla gente del primo mondo, per garantire ai loro figli un futuro diverso dal loro. Avrei voluto tenere per mano il profugo Enea, in fuga da Troia con suo padre e suo figlio. Avrei voluto essere il figlio di un partigiano, che salì sui monti rischiando la vita per regalarmi la libertà di essere e credere in ciò che voglio. Sarei un figlio orgoglioso di tutti quei padri che vanno a prendere i bimbi a scuola, mescolandosi fra mamme e nonne e sono orgogliosi di farlo, che portano i loro figli nei musei e rispondono con attenzione ad ogni loro domanda, che insegnano loro l’amore per il bello ed il vero.

Vorrei essere il figlio di Socrate o di Diogene, per farmi insegnare a frequentare più il dubbio che la certezza, a credere più nelle domande che nelle affermazioni. Vorrei essere il figlio di tutti quei padri che non si vergognano delle loro emozioni, che piangono quando ascoltano una canzone, che si incazzano davanti ad un’ingiustizia.

Vorrei stare dalla parte dei padri curdi di Afrin, che cercano di proteggere le loro famiglie dalla violenza di una guerra assurda. Vorrei essere il figlio di quei padri che non giudicano le scelte dei loro figli ma che provano a dargli gli strumenti per essere in grado di scegliere da soli, di sbagliare e riconoscere i propri errori, di cadere e sistematicamente rialzarsi.

Vorrei essere il figlio dei padri che stanno dalla parte dei più deboli e i più poveri e non hanno paura degli arroganti e i prepotenti, di coloro che si guadagnano il rispetto attraverso l’ammirazione e non la paura. Sono orgoglioso di essere il figlio di mio padre, che nonostante i suoi mille errori e difetti, mi ha sempre amato incondizionatamente, ed ogni volta che ne ho avuto bisogno lui era al mio fianco a sostenermi. È sulle enormi spalle di questi padri che voglio salire per scrutare il futuro, e lo farei per mio figlio, nella speranza che un giorno anche lui, salga sulle mie. 

Enrico Massini

 

vorreiesserequelpadre

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