1 Settembre 2018

La mia vita da genitore single

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“Avere la serenità di accettare le cose che non posso cambiare, il coraggio di cambiare quelle che posso e la saggezza di conoscerne la differenza; avere la pazienza per i cambiamenti che richiedono tempo, la capacità di accettare tutto quello che ho, la tolleranza per quelli che hanno lotte diverse dalla mia, e la forza di rialzarmi e di provarci di nuovo un giorno alla volta”: questa la preghiera spirituale che mi accompagna da 16 anni, da quando ho iniziato un percorso che mi ha portato 3 anni fa a decidere di separarmi dall’uomo col quale ho fatto la “crocerossina” per quasi 30 anni.

I miei genitori sono separati da quando io avevo 1 mese; mio padre vive all’estero da sempre.

Mia madre ha cresciuto me e mio fratello maggiore con l’aiuto soprattutto dei suoi genitori ma anche dei miei nonni paterni. Quando avevo 7 anni, mia madre ha trovato un compagno e mio padre – che ne aveva già una da qualche anno – ha avuto un figlio da questa relazione. Tra i miei 15 e 16 anni sono nati poi un altro fratello da parte di mia madre e una sorella da parte di mio padre.

Sono cresciuta negli anni ’70-’80 con una delle prime famiglie allargate, atipiche per quel periodo. Mi sono sempre detta che la mia era solo una famiglia diversa, ma la realtà è che a quell’epoca famiglie diverse come la mia non ce ne erano e tutte le volte dovevo spiegare che quel “lui”, compagno poi marito di mia mamma, non era mio babbo mentre mio babbo abitava all’estero ed aveva un’altra famiglia; per me era pesante e faticoso, tanto è che ad un certo punto ho iniziato a dire che quel “lui” era il mio babbo. Sì col senno di poi mi sono sentita davvero un brutto anatroccolo, soprattutto ad avere fratelli e sorelle dalle seconde nozze di entrambi i miei genitori.

Oltre a questo, mi ha fatto soffrire moltissimo di essere stata obbligata ad andare da mio padre all’estero nei mesi estivi e per le feste; piangevo disperata dal momento della partenza al giorno di rientro; non volevo andarci perché non mi sentivo assolutamente accolta ed amata e l’ho esternato in tutti i modi; ma nessuno mi ha ascoltata e ha voluto capire.

Mi ha tremendamente irritata e contrariata anche il fatto di avere dovuto fare la baby-sitter dall’età di 8 anni tutte le volte che andavo da mio padre; io volevo giocare come ogni bambino ha il diritto di fare e non fare la mammina ai miei fratelli! Odiavo quel ruolo e poi ti senti mortificare di fronte ai rimproveri per non avere bene accudito i fratelli. Io ero una bambina e invece sono cresciuta adulta fin da piccola, sentendo anche l’assenza fisica ed emotiva di mio padre, un uomo dedito principalmente al suo lavoro che ho sentito distante emotivamente e affettivamente proprio nel periodo di maggiore bisogno per un figlio, infanzia e adolescenza, ovvero dalla nascita all’età adulta.

Mia madre ha comunque fatto molto; negli anni’70 era separata con due figli, senza casa e senza lavoro ed è riuscita ad ottenere un’occupazione fissa e a prendere in affitto un appartamento tutto per noi; successivamente, incontrando un nuovo compagno, divenuto in seguito suo marito, ha dato a me e a mio fratello una nuova dimensione familiare.

Sono cresciuta impegnandomi fondamentalmente in una cosa: fare la brava ed essere il più perfetta possibile come figlia per non complicare le cose che già erano difficili; quindi ho vissuto la mia infanzia e adolescenza con la tendenza evidente a compiacere gli altri, specialmente le persone di genere maschile, e cercando di soddisfare i bisogni degli altri e non i miei di cui non conoscevo nemmeno l’esistenza. Ho fatto questo fino a 3 anni fa quando ho deciso di separarmi. Con mia figlia, quando era piccolissima, avevo un rapporto di simbiosi, non molto salutare. Lei sostituiva il mio compagno e marito che non c’era quasi mai, i miei genitori che c’erano poco; lei era i miei suoceri che abitavano in un’altra città; lei riempiva tutta l’assenza delle altre persone nella mia vita.

È da lì che è iniziato un viaggio verso il recupero che mi ha portata ad appropriarmi del mio essere donna e del mio ruolo di madre rispettando il suo di figlia ; che mi anche portato a dire basta ad un rapporto malsano col padre di mia figlia. Molto l’ho imparato da lei, sbagliando, inciampando e rialzandomi. Ricorderò sempre quel giorno in cui mia figlia – aveva 9 anni – mi spiazzò con una domanda: “Mamma, chi è per te la persona più importante? Rimasi senza parole perché volevo risponderle “Sei tu amore mio” ma sapevo che non era la risposta corretta, così le rigirai la domanda perché non avevo il coraggio di risponderle e lei mi rispose “io, poi ci sei tu poi babbo e i nonni”.

Oggi so bene che sono io la persona più importante. Oggi mia figlia, che è un’adolescente, sta vivendo la sua vita, non la mia; ha i suoi interessi che sono diversi dai miei; ha le sue idee che non sono le mie.

Da allora che ero figlia di genitori separati ad oggi che sono una gengle è cambiato radicalmente tutto: quando si sono separati i miei genitori ero in fasce ed erano gli anni ’70; ho sofferto tantissimo di questa famiglia allargata anomala; quando mi sono separata io erano 2 anni fa, dopo 26 anni di vita di coppia, e avevo una figlia di 15 e anche se inizialmente mi sono sentita un’anima persa perché dovevo riprendere in mano me stessa e la mia vita, incontrando gli altri gengle non ho sentito assolutamente più quella morsa dolorosa provocata dalla solitudine, dal sentirmi diversa e dall’essere considerata diversa. Oggi accetto me stessa, la mia condizione e soprattutto mi confronto e condivido con gli altri genitori nella mia stessa situazione che so che possono comprendermi e accogliermi.

Poi, dopo 9 mesi dalla separazione, ho conosciuto Gengle e lì la mia rinascita ha avuto un ulteriore forte impulso “perché il modello di vita che propone Gengle, legato alla condivisione, sposa la mia idea genitoriale” (cit. dalla pagina Facebook di Gengle) ma anche il mio modo di essere. Da allora è iniziata una nuova fase di più di 2 anni per riuscire a  metabolizzare e accettare la fine del mio progetto di vita di coppia e di famiglia. Ho scoperto in questo periodo che ogni nuovo giorno che si rinnova porta con se situazioni, emozioni e sentimenti diversi: si può toccare il fondo, attraversare tunnel neri e vedere la luce, essere triste e sentirsi distrutti e poi gioire, sentirsi felici e ridere a crepapelle; si può provare una rabbia distruttiva e un dolore lancinante per poi arrivare a sentire la quiete, a perdonare, ad accettare di avere delle ferite che si sceglie volontariamente di curare; si può pensare di non fare mai una certa cosa e il giorno dopo invece la fai. Ed oggi, dopo 2 anni e mezzo che conosco e frequento Gengle come è cambiata la mia vita?

Oggi tocco il cielo con un dito perché sono riuscita a comunicare e condividere con l'altro genitore dopo il buio più profondo ed è davvero una sensazione nuova, di gioia e di quiete! Non ero orgogliosa né serena di essere l'unico riferimento per nostra figlia in questi primi anni di separazione, su tutto e per tutto; avevo provato a condividere col padre ma non eravamo pronti nessuno, né io, né lui né nostra figlia. Dando tempo al tempo e con una inesauribile pazienza, toccando ognuno di noi il proprio fondo in modi diversi, ci stiamo riappropriando dei nostri ruoli; nostra figlia può finalmente fare la figlia adolescente con tutti e due i genitori (non solo con me per fortuna!), non rassicura più i genitori e si occupa delle sue faccende! Io mi sto alleggerendo un giorno alla volta di un carico di responsabilità eccessivo che mi ero presa e il padre sta entrando in punta dei piedi nella vita di nostra figlia che per la prima volta gli sta aprendo la porta piano piano.

Ho faticato molto, mi sono messa in discussione quasi ogni giorno, sopratutto in questo ultimo anno e mezzo; ho chiesto aiuto a professionisti esperti di adolescenza, ho parlato tanto (le mie amiche e il mio compagno hanno le orecchie in disuso per questa ragione!), mi sono confrontata e ho cercato di cambiare e di essere elastica impegnandomi a rimanere autorevole e ben salda (cosa per me difficilissima); l'ulteriore passaggio è stato mollare e dare fiducia all'altro genitore (quando però anche l'altro genitore aveva toccato il suo fondo ed è stato pronto a relazionarsi) e anche alla figlia. Sopratutto nell'adolescenza – secondo me sottovalutata nelle separazioni perché si pensa che i figli siano grandi e pronti e invece sono nel caos e disorganizzazione più totale per cui la separazione si inserisce come elemento di ulteriore instabilità nella loro vita – è fondamentale cercare un dialogo con l'altro genitore e rispettare ognuno il proprio modo di esserlo guardando sempre all’unico obiettivo comune che è il bene dei figli in comune. Su questo cambiamento di atteggiamento nei confronti del mio ex marito mi ha molto aiutato ascoltare le varie e tante esperienze dei gengle perché mi ha fatto riflettere ma sopratutto mi ha fatto decidere che tipo di genitore io voglio essere; ho deciso che io voglio rispettare il padre di mia figlia, che nessun genitore ha un libretto di istruzione, che io non sono perfetta e non posso decidere come l’altro genitore debba esercitare la propria genitorialità, ma se riusciamo a comunicare e a farlo insieme seppur da separati sicuramente sarà vantaggioso per tutti.

Il mio messaggio è quindi di augurio e speranza per chi, come era per me prima, è ancora all’inizio della separazione, magari in conflitto, in un tunnel o su binari paralleli con l'altro genitore; se si vuole, forse una strada con un po’ di luce si trova, partendo da se stessi, dall'essere elastici ma anche determinati e fermi, dall’avere fiducia, dal condividere e confrontarsi, sperando che ci sia ad un certo momento un punto di incontro con l'altro genitore verso il quale un ponte va sempre lasciato aperto…

 

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Avere la serenità di accettare le cose che non posso cambiare, il coraggio di cambiare quelle che posso e la saggezza di conoscerne la differenza
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