1 Settembre 2018

Una giornata insieme al mio ex, il padre di mio figlio

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Parlare di calcio per me significa entrare nel mondo di mio figlio. Mio padre non tifava, non ho ricordi di nonni baffuti con la schedina in mano e nemmeno il mio ex marito non è mai stato un uomo da radiolina all’orecchio durante le domeniche di campionato. Per fortuna. Ancora oggi non saprei nulla di quella sfera rotonda che fa muovere grandi capitali, se mio figlio non me ne parlasse con tanta enfasi e trasporto. E’ un grande appassionato, soprattuto ora che anche lui è un giocatore provetto, e il nostro rapporto è costellato da serate in cucina a sentire le radiocronache mentre lavo i piatti e di passeggiate scuola-casa in cui mi dettaglia interminabili racconti di grandi match. Che siano giocati nel campetto dietro scuola oppure che si tratti delle partite di Champions League non c’è differenza: l’importanza di difendere l’onore sul campo, l’enfasi nel racconto e l’esultanza per il risultato finale sono sempre gli stessi.

Ieri sera mio figlio ha provato l’ebrezza di assistere ad una partita allo stadio di San Siro a Milano. Per uno strano incrocio di gironi, la squadra del Pordenone ha avuto l’occasione di trovarsi faccia a faccia con l’Inter durante la Coppa Italia e l’occasione è stata perfetta per portarlo in uno stadio così importante a vedere la sfida tra i giocatori della nostra città contro la prima in classifica.

Davide contro Golia.

La voglia di accompagnarlo, di condividere con lui l’emozione cantata da Vecchioni e di regalargli questa sua prima volta è venuta tanto a me quando a suo padre. In un primo momento ho pensato di farmi da parte e di lasciare che fosse un’esperienza di soli uomini duri e puri ma poi, nel tempo di pochi minuti, ho capito che non volevo perdermi questa occasione. Vivo con i miei figli ogni giorno della settimana, aiuto a preparare i temi e ogni interrogazione, curo i raffreddori e sono in piedi ad ogni risveglio notturno. Ma non posso essere solo questo, per me non è abbastanza. Mi piace occuparmi di loro ma voglio spingere il nostro rapporto oltre i soliti ruoli canonici, conoscendoci reciprocamente per quello che siamo realmente come persone, lontano dagli stereotipi familiari. Così siamo partiti tutti e quattro insieme, apparentemente come una famiglia tradizionale, in questa trasferta cittadina tinta di verde nero.

E’ stato strano condividere questa esperienza non obbligata dal giudice e ritrovarsi insieme dopo qualche anno. I ragazzi vivono la separazione come qualcosa di naturale e si muovono senza grossi fastidi o imbarazzi. Forse i più problematici siamo proprio noi adulti. La linea educativa non è sempre omogenea, ma la mediazione è un’ottima tecnica, soprattutto se viene utilizzata per eventi sporadici come quello di ieri. Noi genitori eravamo preoccupati per la buona riuscita della serata e nostro figlio, senza farsi nessun problema, ci ha snobbato per vedere la partita insieme ad alcuni compagni di classe, emozionato e rapito dall’atmosfera da stadio e senza caricare di troppe aspettative una condivisione a tratti forzata. Mi piace vedere i miei figli vivere le emozioni di pancia, prendere le cose per quello che sono e cogliere l’attimo, quel momento che altrimenti non torna più. Una spensieratezza che spero si possano portare nell’anima anche da adulti, un pò di sano egoismo che in fondo non guasta mai.

Io mi sono sentita bene in quella circostanza, anche se credo che vivere l’esperienza insieme ad altri amici avrebbe smorzato l’atmosfera. Io e lui non siamo più una coppia e tanto meno una famiglia. E’ importante saperlo razionalmente, ma è totalmente diverso sentirlo emotivamente. I nostri approcci sono diversi, il modo in cui ci relazioniamo con i ragazzi pure e credo anche che come individui ci siamo allontanati molto. Mi dispiace aver divorziato da un uomo che ha rappresentato tanto per la mia vita e continua ad essere un punto fermo nella crescita dei miei figli. Ma mi rendo conto che se non ci fossero loro, i nostri rapporti interpersonali sarebbero inesistenti. Sento che non c’è la voglia di continuare a condividere le nostre vite, dato il percorso che abbiamo fatto insieme, e di trasformare il rapporto tradizionale di coppia in qualcosa di diverso: un’amicizia profonda, un affetto reciproco. Sono passati anni e mi sembra che siamo rimasti estranei in questa seconda vita, incastrati nel ruolo di ex marito ed ex moglie. Io non sono più la donna di tre anni fa e non credo che se ne renda conto o che la cosa lo interessi davvero. MI dispiace molto più che aver divorziato, perché ho perso non solo l’uomo che ho scelto di sposare, ma una persona che per anni è stata fondamentale nella mia vita e che potrebbe essere ancora importante, ma in modo diverso. Volergli bene però significa rispettare le diverse scelte e lasciar andare le cose naturalmente, senza volerle inutilmente forzare. Non esiste una scelta giusta oppure una sbagliata, bisogna solo trovare il modo di crescere insieme, per quanto possibile, i nostri figli e trovare un nuovo modo di ricominciare a vivere. Che non è facile quando ti fidanzi tra i banchi di scuola. Se per andare avanti è meglio tagliare alcuni rapporti, posso rispettarlo anche senza condividerlo. A volte bisogna aver il coraggio di capire che le luci a San Siro, alla fine, non si accenderanno più…

 

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