1 Settembre 2018

Tipi diversi di madri: la mamma chioccia

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mammachiocciaPrima di cominciare a leggere sappiate che: “Ogni riferimento a persone esistenti, o a fatti accaduti, è reale;  NON sono frutto di invenzione e fanno riferimento a situazioni vissute in prima persona”.

Quando iscrissi mio figlio alla materna, ormai ben 8 anni fa, pensai (beata ingenuità) che fosse utile creare una sinergia tra genitori e maestre per “accompagnare” i bambini nel loro percorso di crescita. Quindi mi sembrò molto “sensato” propormi come rappresentante.
E, da allora, non ho più smesso, fino a quest’anno (ne ho avuto decisamente abbastanza).

Essere rappresentante di classe offre un osservatorio decisamente privilegiato:

sui bambini (come sono, come crescono), sugli insegnanti (alcuni straordinari, altri incredibilmente inadeguati) ma, soprattutto, sui genitori (che, per anni, mi hanno bisbigliato all’orecchio le loro “rimostranze”).

Proprio loro sono stati fonte di una costante e sgomenta sorpresa.

“Ho visto cose che voi umani non potreste immaginare..ecc ecc ecc.” : mai avrei pensato che ci fossero tanti genitori (soprattutto mamme, ahimè) così inconsapevolmente dannosi per la crescita dei loro figli.

Durante tutto il percorso scolastico di mio figlio, dalla scuola dell’infanzia a quella secondaria, ho assistito, e assisto, a incredibili Autogol-Educativi, per evitare i quali basterebbe avere un sguardo un pò più lungo nel tempo.

Sembra impossibile, ma senza rendersene conto, spesso ingenuamente e in buona fede, molti genitori “bloccano” la crescita e l’autonomia dei propri figli.

In che modo? Ecco alcune “esternazioni” (un paio per ogni ciclo scolastico) per dare l’idea di quella che è la diffusissima “Miopia della Mamma-Chioccia”:

Scuola dell’infanzia (L’ASILO):

Il bambino lo porto all’asilo all’orario che dico io: è piccolino e la mattina vuole dormire povero, tanto è l’asilo mica una scuola vera”.

Chi pronuncia questa frase, non considera, nemmeno per un minuto, l’idea di abituare pian piano i piccoli ad andare a letto presto (e non “quando ha sonno, che prima delle 11 di sera non mi dorme”). Ma soprattutto di insegnare il rispetto per gli impegni presi (c’è un orario di entrata/uscita) e il lavoro organizzato da maestre e compagni.
Tra qualche anno (prima di quanto pensino) queste mamme, potrebbero trovarsi alle prese con adolescenti che non rispetteranno l’orario serale di rientro a casa, nè quello di ingresso a scuola, faranno chiasso in classe, e non collaboreranno ai lavori di gruppo, perchè sono abituati a misurare tutto esclusivamente sulle loro esigenze.

“No, non ce lo mando  mai all’asilo di venerdì, perchè a mensa c’è il pesce e al mio cucciolo non piace proprio..Ed è incredibile: si rifiutano di cucinargli una cosa diversa!”

Una cosa è essere comprensivi sulle normali preferenze dei bambini (a volte solo capricci di un periodo), un’altra è “rinforzare” il rifiuto di un cibo, magari momentaneo, bloccando così il suo superamento (se un giorno questo bambino volesse ri-provare a mangiare il pesce, non lo farebbe: la mamma gli ha sempre detto che a lui non piace!).
Ma soprattutto mina sia la capacità dei piccoli di adattarsi a situazioni meno gradite, sia di cedere alla curiosità verso un cibo “sconosciuto”.
Probabilmente si ritroveranno, già alle elementari, con ragazzini che rifiutano le novità e tutto quello che non gli piace, pretenderanno di essere sempre accontentati (e non solo sul cibo) e sollevati dalle situazioni sgradite così come sono stati sempre abituati.

Scuola Primaria  (LE ELEMENTARI):

“Non potete pretendere che in terza elementare già si sistemi in classe, da solo, tutti i libri, i quaderni e le matite nell’astuccio: a casa glielo faccio io!”

Non insegnare ai nostri figli ad organizzarsi (mentalmente e praticamente) in autonomia per le attività e i compiti che li riguardano (dalla borsa della palestra allo zaino scolastico), li mantiene in una condizione di infantile dipendenza psicologica nei confronti dei genitori.
Invece, aiutarli già dalla prima elementare ad organizzare tempi e “attrezzature” necessarie, ad esempio preparando per le prime volte lo zaino insieme a loro (magari con delle liste, da cui spuntare quaderni e libri da ricordare) li abitua ad avere ordine mentale in relazione alle cose da fare durante i giorni e la settimana (dai compiti, agli appuntamenti sportivi).
E, soprattutto, a non vivere in un “Tempo Liquido” dove sono la mamma (o il papà) a dirgli cosa c’è da fare.

Non facendolo, facilmente, già alle medie, ci si ritroverà davanti a ragazzi senza alcuna idea di quali siano i propri doveri e i propri compiti, nè di come eseguirli, e che, anche se quasi-adulti, avranno ancora bisogno di qualcuno che gli dica “cosa fare” e “come farlo”.

“Addiritturaaa: macchè bullismo, dai! Sono solo bisticci tra bambini!”

Considerare come “piccoli litigi” o “dispettucci” tra compagni, degli atteggiamenti che sono reali atti di violenza o di prevaricazione psicologica, è pericolosissimo.
Sia per chi li subisce sia per chi li mette in atto. Un bambino che, “per scherzo”, quotidianamente viene spintonato giù dalle scale da un compagno; una bambina alla quale viene affibbiato un nomignolo per come si muove o parla; un compagno a cui sembra divertente nascondere costantemente diario e quaderni; una compagna esclusa sistematicamente da un gruppetto perchè più piccola o maldestra: sono tutte situazioni di grande sofferenza. E, soprattutto, dove sono in gioco il rispetto per se stessi (le vittime) e quello per gli altri (i bulli).
Lavorare con i bambini sul malsano piacere di avere potere (di riso o di pianto) sugli altri, costringerli ad immaginarsi “al posto” della “vittima”, scoprire che si può essere “fighi” anche in altro modo (che non sia quello di annientare qualcuno) e coltivare la forza d’animo per non subire “attenzioni” non gradite, sono passi fondamentali.
Considerare “normali” certe dinamiche, porta nel tempo a rafforzare pericolosi atteggiamenti: ci saranno ragazze che crederanno sia normale “sottomettersi” ad un fidanzato, oppure risolvere il conflitto con una coetanea screditandola; e ci saranno ragazzi che vivranno nell’ombra (magari nascondendo le proprie capacità nello studio), per non essere bersagli di sfottò, oppure che affronteranno le frustrazioni sfogandosi con violenza seguendo i propri impulsi senza alcun filtro (anche con i genitori).

Scuola secondaria (LE MEDIE)

“Non è che mi mandereste i compiti tutti i giorni sul gruppo whatsapp di classe? Eh, si sa: i maschietti sono più disordinati, e non so mai se il mio li segna tutti”

Fare costantemente da paracadute ai figli è un errore, ma, farlo anche quando sono ormai ragazzi, è decisamente più grave. Per timore che il “bambino” prenda una nota, un rimprovero, un brutto voto, ci sono genitori pronti a sostituirsi a loro nella gestione dei compiti e di incombenze che dovrebbero essere esclusivamente di competenza degli studenti.
Così facendo, non solo i ragazzi non imparano ad assumersi le responsabilità delle loro mancanze, ma i genitori istillano, e rafforzano, in loro un grande senso di inadeguatezza (“tu non sei capace, ci pensa mamma”).
Lasciare, invece, che i ragazzi subiscano le conseguenze delle loro “dimenticanze” gli insegna ad accettare le conseguenze delle loro azioni e ad aggiustare il tiro (non distrarsi in classe, consultarsi coi loro pari- e non con le mamme), ma soprattutto gli regala finalmente la soddisfazione di essere capaci di gestire autonomamente la loro vita.

Non farlo significa ritrovarsi, tra qualche anno, a relazionarsi con  ragazzi che agiranno senza considerare le ripercussioni di ciò che fanno, che non accetteranno mai di essere “colpevoli” di danni o errori, e chiederanno sempre a mamma e papà di essere “coperti” quando sbagliano.

Non mi dilungo oltre, ma sono certa che ognuno di noi (mamme e papà, rappresentanti di classe o meno) è stato tentato di “semplificare” e “alleggerire” la vita dei propri figli, scolastica e non.  

Ma basta fermarsi un attimo a riflettere sulle conseguenze “a lungo termine” delle nostre azioni (e, a volte, darsi anche un pizzico sulla pancia) per evitare di essere un muro tra loro e la vita reale.
Inforchiamo gli occhiali per correggerla questa “miopia” e guardiamo finalmente lontano: diamogli fiducia e sostegno, diamogli gli strumenti per fare le loro scelte in autonomia; lasciamoli sbagliare (arrabbiarsi, intristirsi, ecc) e diamogli la possibilità di rimediare, imparando dai loro errori.

Non permettiamo che “dipendano” da noi per sempre e che non riescano a fare un passo da soli, rendiamoli liberi.
Questo non cambierà il fatto che potranno sempre contare sui loro genitori.
Perchè noi rimarremo per sempre la loro mamma e il loro papà, comunque.

Francesca Moscarelli, Editor Guide Around Family

tipidimadri

 

 

 

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